Page 78 - 18 KARATI GOLD&FASHION 223
P. 78

  STUDIO DI CONFARTIGIANATO: LE PROSPETTIVE DEL 2023
Il 2022 è stato un anno contrastato, da un lato caratterizzato da una crisi energetica, diventata drammatica dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e dall’altro da una crescita dell’Italia che è stata superiore a quella di Cina, Stati Uniti, Giappone, Francia e Germania, grazie alla sostenuta dinamica degli investimenti.
La stretta monetaria per ridurre l’inflazione - che a dicembre è stata al 9,2% in Eurozona e al 12,3% in Italia - e lo spostamento in avanti della spesa prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) portano ad una vistosa decelerazione della dinamica degli investimenti, che nel 2023 è prevista in salita del 2,8%, dopo il più performante +9,7% dell’anno appena concluso.
Gli investimenti in costruzioni – driver della ripresa post pandemia – dopo una crescita a doppia cifra nel 2022 (+10,9%) si fermano al +2,2% nel 2023. L’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato che delinea le prospettive del nuovo anno è proposta nell’articolo “I numeri della Crisi / Il 2023 all’insegna dell’incertezza per le imprese del made in Italy”, a firma del Responsabile confederale Studi,
Enrico Quintavalle, pubblicato il 10 gennaio scorso su: www.ilsussidiario.net.
La Bce ha preannunciato nuovi aumenti dei tassi «in misura significativa a un ritmo costante per raggiungere livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine».
Anche la politica fiscale ha un’intonazione deflattiva, sincronizzata con quella monetaria: il deficit pubblico è previsto in sensibile riduzione, passando dal 5,6% del 2022
al 4,5% del 2023.
Quest’anno i consumi collettivi, in termini reali, scendono dell’1,1%, mentre la spinta espansiva della domanda pubblica rimane affidata
agli investimenti finanziati
dal PNRR.
La politica deflazionistica potrebbe ridurre eccessivamente la domanda e nel 2023 vi è un rischio concreto di stagflazione: secondo le ultime valutazioni del Fondo monetario internazionale, metà dell’Unione europea sarà in recessione. L’Italia, insieme con l’Eurozona, è già entrata in recessione tecnica, con due cali consecutivi del PIL, nel terzo trimestre del 2022 e nel primo del 2023 (tavola 2, Autumn 2022 Economic Forecast della Commissione europea). Secondo le ultime previsioni di
Banca d’Italia, la crescita attesa per il 2023 è dello 0,4% contro
il 3,8% del 2022, il tasso d’inflazione dovrebbe scendere al 7,3% dopo il picco dell’8,8% dello scorso anno, mentre il tasso di disoccupazione si stabilizza all’8,2%.
Sono numerosi i fattori di incertezza che pesano sulle decisioni delle imprese: l’evoluzione del conflitto in Ucraina, le tendenze dei salari e la velocità di rientro dell’inflazione, una recrudescenza dei contagi di Covid su scala mondiale e i ritardi di attuazione del PNRR, per il quale nel 2023 vanno raggiunti 96 obiettivi. Un’elevata inflazione grava sui costi di produzione delle imprese e, riducendo il reddito reale delle famiglie, deprime i consumi mentre la restrizione monetaria determina effetti recessivi sugli investimenti. Il bilancio pubblico dell’Italia, a causa dell’elevato debito pubblico, è più esposto al caro tassi: la spesa per interessi nel 2022 e 2023 sale al 4,1% del PIL (era 3,6% nel 2021).
In due anni la spesa per interessi sale di 17,8 miliardi
di euro, oltre quattro volte l’aumento di 3,9 miliardi registrato dalla spesa sanitaria. Nel corso degli ultimi mesi del 2022 si allentano le tensioni sul mercato energetico, a seguito del calo della domanda, e le strozzature nelle catene globali del valore, con una riduzione dei tempi di consegna e un’attenuazione degli ostacoli alla produzione causati dalla scarsità di materiale.
Si delinea un rallentamento del commercio internazionale e le esportazioni, dopo aver registrato un aumento del 10,4% nel 2022, decelerano vistosamente, segnando nel 2023 un +1,8%, mentre le importazioni salgono del 4,3%. Le imprese affrontano il nuovo anno segnando il secondo rialzo consecutivo del clima di fiducia,
che a dicembre migliora in tutti i comparti, ad eccezione delle imprese della manifattura.
LE INCERTEZZE DELLE IMPRESE DEL MADE IN ITALY
La manifattura inizia il 2023 all’insegna dell’incertezza. Oltre un terzo (36,8%) delle micro e piccole imprese (MPI) manifatturiere ritiene difficile da prevedere l’andamento futuro dei propri affari
(era il 29,4% un anno prima)
e il 45,2% lo ritiene abbastanza difficile da prevedere (47,1%
un anno prima).
La crisi energetica sta colpendo i settori manifatturieri più “energy intensive” e, proprio in questi settori, sale la domanda di credito per poter sostenere gli esborsi per le bollette, con costi dei prestiti crescenti a causa della stretta monetaria operata dalla Bce, che da luglio a dicembre ha aumentato i tassi di 250 punti base. A fronte degli elevati prezzi del gas, le imprese riducono i consumi e l’attività produttiva: a novembre 2022 la domanda di gas della manifattura è inferiore del 20,5% rispetto ad un anno prima. Sale la difficoltà di accesso al credito, la quale registra un’intensità che non si riscontrava dalla crisi del debito sovrano del 2011.
La persistenza degli alti costi dell’energia può diffondere i casi di lockdown energetico:
nel 2023 il prezzo del gas è previsto a 123,6 euro/MWh,
in linea con la media del 2022 (122,5 euro/MWh), oltre
il doppio delle quotazioni del 2021. A dicembre in Italia i prezzi dei beni energetici – elettricità, gas e carburanti – salgono su base annua del 65,1%, in Eurozona del 25,7%:
la divaricazione dell’inflazione energetica pone un serio problema di competitività alle imprese italiane esposte alla concorrenza internazionale, con
   
 



































































   76   77   78   79   80